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Archeologia

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Egeria ad Har Karkom

Flavio Barbiero -

E-BOOK

Questo libro nasce da una ricerca ad Har Karkom, la montagna identificata con il Sinai di Mosè dal Prof Anati. Har Karkom, più che una montagna vera e propria, è un altipiano di circa 8 chilometri quadrati, con un’altezza media di 800 metri I fianchi della montagna precipitano sul fondovalle con strapiombi pressoché verticali e non consentono l’accesso alla cima se non lungo pochi costoni degradanti. Dal fondovalle si vede soltanto la linea continua del bordo esterno della montagna, che dà così l’impressione di essere piatta; ma una volta saliti presenta varie cime staccate. Al centro si eleva una specie di enorme altare. Inerpicandosi sui suoi ripidi fianchi, si arriva a un pianoro lungo e stretto, con un’altezza di 847 metri, il punto più alto della montagna. Da quel pianoro si gode una vista stupenda a 360 gradi. Verso nord il deserto del Negev,. A ovest la vista si perde all’infinito sull’abbacinante distesa del Sinai egiziano. A sud e ad est il deserto Paran (o Faran), con l’ampio solco del wadi Paran,. Oltre la valle Aravà, la linea nera e continua dei monti della Giordania, fra i quali si annida Petra, la splendida capitale dei nabatei. La valle di Har Karkom si chiude verso nord ovest in uno stretto e lungo canion, alla cui imboccatura si trova il pozzo di Beer Karkom, una sorta d’imbuto, tipico dell’età del bronzo, le cui pareti sono state lentamente innalzate da innumerevoli generazioni di viandanti e pastori, che via via trasportavano sul bordo esterno la terra che periodicamente ostruiva la pozza d’acqua. Col passar dei secoli si è venuto formando un piccolo cratere, con una minuscola pozza d’acqua sul fondo, ombreggiata da un gigantesco tamerice millenario. Di fronte al pozzo si apre una piccola piana, costellata di tombe islamiche: questa era una valle sacra per i beduini, che si recavano al pozzo per seppellirvi i propri morti. Presso il pozzo, al di là del wadi, sorge una collina arrotondata, su cui si trova un grande mucchio di pietre disposte in modo da formare un ampio sedile sopraelevato, da cui si può osservare tutta la piana sottostante. Il Prof. Anati l’ha battezzato con il suggestivo nome di “trono di Mosè”, perché, se Har Karkom è davvero il monte di Mosè, è proprio seduto su quel sedile che il profeta dovette assistere alla battaglia di Giosuè contro gli amalechiti, che si svolgeva nella piana sottostante. Ed il pozzo sottostante si deve identificare con quello di Refidim, noto dalla Bibbia perché non dava acqua a sufficienza. Fu proprio affacciandomi da quello stretto passaggio fra i monti sul grandioso panorama della valle Karkom, che mi venne da pensare che io avevo già visualizzato quella scena, leggendo un diario davvero straordinario scritto da una pellegrina del quarto secolo d.C., Egeria, che così inizia il suo racconto: “Poi, a piedi, siamo arrivati ad un luogo in cui quei monti fra cui passavamo si aprivano e formavano una valle senza fine, immensa, tutta pianeggiante e bellissima; e al di là della valle appariva il monte santo di Dio, il Sinai.” Un pensiero mi passò per la mente: “E’ possibile che mi trovi nel punto esatto da cui Egeria iniziò la sua visita al monte di Dio?” Presi il diario e da quel punto cominciai a seguire passo passo le sue istruzioni. Questo libro è il resoconto di quella ricerca.

ISBN: 978-2-36580-020-4

Data di pubblicazione: 05/12/2012

9 €

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